intervento di Angelo Scola, arcivescovo cardinale di Milano.

Per accompagnare la nascita al cielo di Eugenio Corti e partecipare all’addolorata attesa di rivederlo della moglie e dei suoi cari, mi sono soffermato sulle prime pagine de Il cavallo rosso.
Sullo sfondo lontano ma incombente della Storia con tutte le sue tragiche possibilità compaiono tre personaggi: un padre, un figlio e un cavallo rosso.
A ben vedere qui è adombrato il solo modo di osservare l’immensa vicenda che ne scaturirà. Tenere gli occhi fissi su Colui che della Storia è il Signore. Non un burattinaio, ma una Presenza carica di pietà per l’interminabile dolore che gli uomini causano agli uomini, per la crudeltà senza giustificazione (Auschwitz, i Gulag) e per quella che viene spacciata come giustizia (Hiroshima, Dresda).
Sullo sfondo dell’orrore, il Dio unitrino, nucleo incandescente di amore, circonda da ogni parte il male con il bene. Si profila così il mistero dell’Onnipotenza di Dio che sceglie di farsi Impotente sulla Croce. L’amore si svuota per accompagnare la libertà dell’uomo e salvarla, «ingoiando la morte ed il peccato per la vittoria» (cf 1Cor 15,55)
Nel grande romanzo di Corti appaiono in filigrana il Libro della Genesi e l’Apocalisse. Comprendiamo bene allora che la scelta del modo di raccontare la Storia non dipende soltanto dalle opzioni ideologiche dello scrittore, ma anche da un criterio oggettivo di narrabilità.
Per Corti solo Dio non censura, solo Dio permette la piena narrabilità della storia, solo in Dio le contraddizioni del cuore umano vengono abbracciate da un Disegno buono. Così i dolori e perfino gli orrori aprono all’impossibile speranza, il più pacificante tra tutti i sentimenti umani.
Il Dio di Gesù Cristo infatti si è compromesso con la storia, si è impastato con tutto l’umano per rendere partecipe l’uomo della Sua vita senza fine.
È questo il commercium, lo scambio d’amore nuziale tra Cristo sposo e la Chiesa sposa, sacramento efficace dell’amore di Dio per tutta l’umana famiglia, voluta ed accompagnata non astrattamente ma nelle singolarità di ciascuno dei suoi membri.
Corti lascia così, con il suo grande romanzo epico e con tutta la sua produzione letteraria, un’eredità preziosa che ora sta a noi far fruttificare.

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